Rialzarsi

Rialzarsi

Quando cadiamo in basso, non importa quanto in basso sia, la cosa più importante e che conta di più è la forza che ci si mette nel voler reagire e rialzarsi.

A volte, anzi, nella maggior parte dei casi, da soli non ce la si può fare, ma abbiamo bisogno di qualcuno che ci tenda una mano, qualcuno che solitamente si accorge ancora prima di noi del nostro problema. Sì, perché le persone che abbiamo vicine e che ci vogliono bene si accorgono che qualcosa non va anche se noi non vogliamo vederlo… neghiamo, perché non vogliamo permettere agli altri di entrare nel nostro mondo, perché abbiamo paura che possano mettere mano nelle nostre certezze e nei nostri “porti sicuri” che in realtà ci stanno solo uccidendo piano piano.

In determinati casi, compreso questo, quell’aiuto è di vitale importanza, è la spinta che ti serve per permettere anche a te stessa di cominciare a razionalizzare e prendere forza. Di disturbi alimentari purtroppo non se ne parla ancora abbastanza, eppure fanno male e uccidono tanto quanto la depressione.

Come tutte le malattie, specie se si tratta di malattie mentali, dall’esterno risultano incomprensibili… ma solo chi vive o ha vissuto quell’inferno tutti i giorni può capire cosa si prova.

La cosa peggiore è che oltre a stare male noi sta male anche chi ci sta vicino e non riesce a fare nulla per farci reagire perché ha paura della nostra reazione. In quel momento infatti non è con noi che sta parlando, ma col mostro che ci ha invaso la mente… Ma se, come nel mio caso a tendervi la mano sono i vostri genitori, approfittatene e afferratela subito… perché nessuno più di loro può volervi tutto quel bene e darebbe la vita per voi.

Io non smetterò mai di ringraziarli per quello che hanno fatto per me, perché è come se mi avessero dato alla luce due volte.

È vero, nel pieno della malattia non sopportavo che mi giudicassero sempre per quello che mangiavo, per il movimento fisico che facevo, per la vita sociale che non avevo… ma solo dopo ho capito che lo facevano per il mio bene.

Ricordo ancora il giorno in cui mi hanno detto, due ore prima dell’appuntamento, che avremmo fatto la prima seduta da una psicologa in un centro specializzato. Appena me lo hanno detto sono scoppiata a piangere, in quel momento ho pensato che mi avessero tradita, avevano scoperto il mio problema… che in quel momento era per me il mio punto di forza, la mia corazza.

Dopo quella seduta ne sono seguite altre, in cui io e la mia psicologa abbiamo cercato di capire quale fosse la causa del mio disturbo. Poco dopo sono stata affiancata da un medico, perché le mie condizioni fisiche non erano delle migliori. Sì, perché da oltre un anno e mezzo non avevo più il ciclo, avevo sempre freddo, i capelli mi cadevano in continuazione ed avevano perso la loro forma, avevo sempre male alle ossa, ero sempre stanca, non riuscivo a fare due piani di scale consecutivi… insomma, riuscivo a malapena a sopravvivere, ma non lo ammettevo…

Dopo varie analisi del sangue si è scoperto che il mio fegato non stava affatto bene, sì, perché non avendo più altro da mangiare il mio corpo si è buttato sull’unica cosa in grado di auto-rigenerarsi finché ne ha la possibilità.

E così il mio fegato si stava auto-mangiando.

Quel giorno nello studio del dottore eravamo io e mamma, e forse fu proprio quel giorno che io presi la rincorsa più grande per mettercela tutta e guarire, perché vidi mamma sentirsi morire dentro, la sentii fare domande al dottore su quanto tempo ci avrei messo e come avrei dovuto fare per risanare il fegato più in fretta possibile.

In quel momento io avevo lo sguardo fisso e spento, ero stata veramente io a farmi tutto quel male e stavo facendo stare male anche i miei genitori.

Ricordo che dallo spavento nei giorni successivi chiesi a mamma se sarei morta per questo motivo.

Era il 21 novembre 2020, quella notte non riuscivo a dormire, mi ricordo che mi ritrovai a parlare con il mio fragile corpo, quasi come se potesse ascoltarmi, e gli promisi che lo avrei aiutato a riprendersi, perché lui mi ha tenuta in vita anche quando io non gli davo la possibilità di farlo.

Uscire dall’anoressia non è affatto semplice, è un percorso lungo e tortuoso che ci chiede in primo luogo di fare pace con noi stessi/e.

Non serve a nulla sentirsi dire “devi solo mangiare di più” o “puoi mangiare tutto tanto te lo puoi permettere”… in quel momento quella è la nostra più grande paura. Ci fa paura addirittura il nostro riflesso nello specchio, ci vediamo grandi, esageratamente enormi… a 60, 50 o 40 Kg… non vediamo la realtà, ma quello che la nostra mente vuol farci vedere.

Solo oggi riguardando quelle vecchie foto vedo realmente quello che ero, solo oggi riesco effettivamente a vedere quelle ossa sporgere sotto la mia pelle, quella pelle di un colorito giallastro perché sofferente e denutrita… Solo oggi mi rendo conto che sarebbe bastato poco, qualche altro passo indietro per permettere al mio cuore di fermarsi… perché quello non era altro che un corpo sfinito.

Penserete che sia stupido spaventarsi davanti ad un piatto diverso dal solito, eppure ricordo ancora la sera in cui mamma preparò dei crostini di pane con uovo sodo e maionese. lo cambiai subito umore, mi spensi. Dentro di me pensavo che avrei dovuto ingerire tutte quelle calorie inutili. Mamma se ne accorse e senza dire una parola andò su, così che io non la vedessi piangere. Dentro di sé avrà pensato che non ce l’avrei mai fatta a cambiare e che lei non sarebbe riuscita ad aiutarmi… era come se si sentisse impotente. Io rimasi giù, in silenzio, consapevole di cosa stesse per l’ennesima volta accadendo… Ma rimasi pietrificata lì, impotente anche io. Eravamo due anime ferite che non riuscivano ad incontrarsi per poter stare bene.

Se potessi tornare indietro, la Giulia di oggi andrebbe su da mamma per abbracciarla e farle capire quanto sia importante per lei.

Le sedute dalla psicologa continuavano, nel frattempo avevo intrapreso anche un percorso con una nutrizionista. Da quel momento ho dovuto segnare su un quaderno ogni momento dei pasti, a partire dalla colazione, riportando cosa avevo mangiato, dove, con chi, e che sensazioni, paure o emozioni provassi. Ho finito un intero quaderno.

Piano piano cominciai a riprendere peso, ogni volta salire su quella bilancia era una sfida con me stessa… ma sapevo per cosa stavo lottando e accanto a me, se mi voltavo, avevo il sorriso rassicurante dei miei genitori.

Ricordo ancora quando cominciai a mangiare la giusta dose di frutta secca, mi spaventava a morte l’idea di tutti quei grassi nel mio corpo.

Ma giorno dopo giorno è diventato tutto più semplice. E poi, ma quanto è buono l’olio sul pane? Per due lunghissimi anni me ne sono privata, di nascosto lo toglievo con il cucchiaio dal sugo, dai tegami, perché così la voce nella mia testa mi avrebbe detto che ero invincibile. Quante volte mi ha costretta a dire che non avevo fame, quando in realtà stavo morendo di fame e avevo male alla pancia e alla testa.

Ricordo quando ricominciai a mangiare il formaggio, quando smisi di pesare la pasta, i cereali. Ricordo anche quando per la prima volta dopo tanto tempo, mangiai il latte con i biscotti… un biscotto alla volta, settimana dopo settimana, ho sconfitto anche quella paura. Ricordo il giorno in cui comprai lo yogurt intero anziché quello scremato, i primi vasetti mi hanno spaventata tantissimo, ma giorno dopo giorno è diventata la normalità.

Se ci penso con la testa di adesso mai e poi mai comprerei di nuovo quegli yogurt scelti accuratamente con il minor numero di calorie e poco zucchero che essenzialmente sapevano di latte colorato.

Un pomeriggio mia cugina mi portò a fare un giro a Lucca e si andò in gelateria, io presi uno yogurt greco senza zucchero, non perché mi piacesse, solo perché nella mia testa pensavo che non mi avrebbe fatto “male”. Aveva un sapore orribile, ma per mostrarmi forte e dare soddisfazioni al mostro nella mia testa dovevo convincere tutti, compresa me stessa, che fosse buono.

Tutto questo per farvi capire quanto la mente possa assumere comportamenti talvolta assurdi e possa governare su di voi.

È come se ti legasse le mani e non ti permettesse di decidere… è lei ad agire, è lei che nasconde o butta il cibo pur di non mangiarlo, è lei che toglie quel centimetro di pane in più perché sfora il peso limite che ti ha imposto, è lei che dice di no ad un’uscita perché non puoi permetterti di mangiare “non sano” fuori casa, è lei che ti fa completamente cambiare umore davanti ad una cotoletta, a delle patatine fritte, ad una lasagna, ad un gelato… e purtroppo la lista di cose da lei bannate sarebbe molto più lunga. Sono tante le cose che nell’ultimo anno ho sfidato, ci ho messo tanto impegno, ho represso tante lacrime e buttato giù bocconi amari… è stata dura, ma adesso sono la stessa persona anche dopo aver mangiato la pasta e la pizza nello stesso giorno, non mi deprimo più davanti a del pollo fritto.

Quello che ancora non sono riuscita a fare è mangiare di mia spontanea volontà qualcosa di diverso come un gelato o una fetta di torta se sono sola. Queste sono cose che riesco a fare solo se sono in compagnia e se qualcuno le mangia con me.

È come se ancora fossero armate di quell’arroganza in grado di spaventarmi se mi trovassero sola.

Uno dei passi più difficili che fino ad ora ho fatto è sicuramente quello di cercare di liberare la mente da quei dannatissimi numeri che apparivano continuamente nella mia testa ogni volta che ingerivo qualcosa.

Purtroppo non è vero che questo non avviene più, conosco ormai a memoria ogni caloria di ogni singolo alimento, e ogni tanto capita che la mia mente generi il numero delle Kcal del piatto di fronte a me. Ma la cosa importante è che anche se questo accade ogni tanto, non mi condiziona e non mi porta ad avere pensieri malati.

Quei pensieri che ogni santissimo giorno mi facevano fare esercizio fisico di nascosto, anche senza forze e con i dolori alla schiena.

Tutto questo per bruciare calorie, per consumare quella poca energia che mi rimaneva al giorno per sopravvivere. Non avevo più nemmeno le forze per seguire con attenzione un film, dopo pochi minuti già avevo perso la concentrazione. Inoltre ero sempre nervosa e scontrosa perché ero mentalmente e fisicamente stanca, ma non lo potevo e non lo volevo ammettere.

Tutta questa energia mancante aveva fatto sì che il mio ciclo si fermasse ormai da tempo, inizialmente non gli avevo dato molto peso, in fondo era comodo non dover perdere sangue tutti i mesi, ma dopo quasi due anni, quando ho iniziato il mio percorso di guarigione, mi sono resa conto di cosa effettivamente volesse dirmi il mio corpo con quel gesto.

Mi aveva tolto la possibilità di essere donna al 100%, mi stava impedendo di poter realizzare un giorno il mio sogno più grande, diventare mamma e crescere i miei figli. Tutto questo perché ha dovuto mettermi in risparmio energetico per permettermi di poter ancora respirare.
Ho passato interi mesi ad aspettarlo, giorno dopo giorno ero sempre più determinata a fornire la quantità di energia necessaria al mio corpo per permettergli di disinnescare quel meccanismo.

Ogni giorno aggiungevo quella goccia di olio in più, mangiavo quella noce in più dopo cena.

Dovevo dimostrare al mio corpo che poteva nuovamente fidarsi di me.

Non è stato semplice… ogni volta che avevo un piccolo dolore alla pancia andavo in bagno con la speranza di trovare quella goccia di sangue che avrebbe significato moltissimo, ma ogni volta rimanevo delusa…

I mesi passavano, i kg salivano, la voglia di mollare tutto era tanta, ma quella di vincere e ridere in faccia a quella maledetta malattia era molta di più.

Nel frattempo mi ero iscritta al bando per il servizio civile alla misericordia di Montecarlo ed ero stata presa, mi aspettava un nuovo inizio, un gradino in più da salire e nuove esperienze da fare.

Il 30 aprile ci hanno fatti andare tutti per conoscerci, avrei ritrovato Lisa che dalle medie non vedevo più e altri ragazzi nuovi, eravamo 12.

La mattina seguente, la festa del primo maggio, mi svegliai e andai in bagno per fare pipì. Ed eccola lì, quella macchia di un rosso acceso era lì. Cominciai a sorridere e dentro di me pensavo “ce l’ho fatta!”.

Per la prima volta dopo due anni ho aperto il pacchetto dell’assorbente, un gesto tanto semplice e banale quanto significativo per me in quel momento. Era una vera e propria vittoria. Ero addirittura felice quando il giorno dopo sono rimasta tutto il pomeriggio sul divano per i crampi.

Questo stava a significare che il mio corpo era nuovamente pronto a ricominciare e io non lo volevo più deludere.

Adesso, ogni mese che passa aspetto con ansia che le mestruazioni tornino… spesso con la paura di sbagliare qualcosa, di fare anche un solo piccolo passo indietro che basterebbe al mio corpo per perdere la fiducia in me.

Arrivati ad oggi posso considerare il servizio civile un tassello importante della mia crescita, è arrivato nel momento in cui io ero alle prese con me stessa per continuare a salire, gradino dopo gradino, quella scala che mi avrebbe risollevata da terra. Mi ha dato la possibilità di tornare a vivere, mi ha resa consapevole di essere capace di tutto se davvero lo voglio, mi ha fatto superare molte mie paure e dato tante responsabilità. Ma, cosa più importante, mi ha fatto trovare delle amiche, delle persone che mi vogliono bene e che mi accettano per quello che sono. Io e Lisa abbiamo combattuto contro lo stesso mostro, forse nessuno più di lei può capirmi. Mi sento così fortunata ad averla nella mia vita.

Oggi, a distanza di un anno da quella notte di novembre in cui mi ero promessa di lottare con tutte le mie forze, non posso che essere fiera di me, degli ostacoli che ho superato, dei cambiamenti che ho affrontato.

Per una persona che per due lunghi anni ha cercato anche se inconsapevolmente di farsi piccola e sparire è veramente dura accettare di vedere il proprio corpo cambiare, prendere sempre più posto nel mondo.

Ma sono fiera di me, sono fiera perché ce l’ho messa tutta e ce l’ho fatta!

Un anno fa non avrei mai immaginato di poter tornare a fare esercizio fisico, e invece oggi sono libera di muovermi perché ho l’energia per farlo.

Guarire è un percorso lungo, che lentamente ti riporta alla normalità. Quella normalità che mi sembrava impossibile da raggiungere, e invece eccomi qua, che mangio la mia pasta al pesto di noci perché mamma aveva voglia di cucinarla, e che me ne sto ferma sul divano perché oggi non ho voglia di fare la cyclette.

Un disturbo alimentare non si cancella da un momento all’altro, lo so, nemmeno a distanza di anni… però si impara a conviverci. Io ho imparato a conviverci, ho imparato che alcune tabelle nutrizionali non devo leggerle e quindi butto la confezione o la giro sempre in modo da non vederla perché so che potrebbe condizionarmi.

Ma va bene così, ognuno trova il suo modo di andare avanti. Sì, perché dobbiamo andare avanti al meglio che si può anche se nella nostra mente saranno sempre impressi quei momenti lì.

Il nostro passato fa parte di noi, in qualche modo ci ha fatti diventare le persone che siamo oggi. Facciamo tesoro di ogni singolo traguardo che raggiungiamo nella nostra vita, ma anche di quelle cadute che spesso ci servono per prendere forza e rialzarsi più forti di prima.

lo mi sono sentita cadere, mi sono odiata e maltrattata a tal punto che qualcuno si è dovuto prendere cura di me come si fa con un bambino piccolo… ho dovuto imparare nuovamente a mangiare, perché non lo sapevo più fare nel modo giusto, sono stata cullata dall’amore dei miei genitori giorno dopo giorno, sono stata presa per mano dai vari specialisti del settore, che seduta dopo seduta hanno fatto sì che io tornassi a camminare e muovermi liberamente nella mia vita.

Ricordo ancora l’ultima visita con il dottore, con la nutrizionista ed infine con la psicologa… era come se piano piano, un dito alla volta, io cominciassi a lasciare la presa della loro mano e iniziassi a camminare sulle mie gambe.

Sì, forse con la paura di cadere… ma certa che se mi fossi voltata loro erano sempre lì, pronti a tendermi ancora la mano.

Ora sono passati circa 3 mesi, io mi sto prendendo cura di me stessa al meglio delle mie capacità, sperando che il mio corpo possa perdonarmi un giorno per tutto il male che gli ho procurato e che possa fidarsi di me nonostante tutto.

Mentirei se dicessi che va sempre tutto liscio, ancora oggi ho i miei momenti no, ma so come affrontarli e ho le forze per farlo… quindi mi guardo allo specchio, prendo un bel respiro, tiro fuori la guerriera che è in me e vado avanti.

Il nostro corpo è la casa in cui la nostra anima vivrà per tutta la vita, quindi abbiamo il dovere di prendercene cura.

Ringrazio l’associazione, i medici, gli amici che ho trovato, ma soprattutto ringrazio LORO, i miei GENITORI e mia SORELLA, che mi hanno vista stare male e sono stati male con me, ma nonostante tutto non si sono mai arresi… si sono rimboccati le maniche e mi hanno AIUTATA ad alzarmi da terra per poter tornare a VIVERE.

Grazie MAMMA, grazie PAPA’, voglio che sappiate che siete il mio punto di riferimento, siete l’energia da cui attingo quando la mia forza scarseggia, siete la luce dei miei occhi. GRAZIE per aver creduto in me ed essermi stati vicini anche quando starmi vicino non era affatto semplice…

Vi voglio un mondo di bene,

la vostra GIULIA