Mai vergognarsi di chiedere aiuto: è un segno di intelligenza

La storia di G. ci è arrivata per email qualche giorno fa ed abbiamo deciso di condividerla con voi perché racconta di come a volte sia difficile ingannare chi ci sta vicino, quando la malattia è agli albori, e come si possano avere degli “imprevisti” durante il percorso di guarigione, che rischiamo di vanificare tutto il lavoro fatto.

Leggete bene le sue parole:

“18 anni: l’indipendenza, le notti fuori di divertimento, il sentirsi grandi, i viaggi da soli, la patente… un’età che non si dimentica, per molti un traguardo.

Questa età mi rimanda invece ad un altro tipo di ricordo: l’inizio di tutto.

Mangiare poco per la tensione del temuto esame di maturità, era questa la prima giustificazione che diedi a me stessa e agli altri. Seguì il perdere peso poi il mangiare troppo, il digiuno, le abbuffate, le compensazioni con lo sport e successivamente col vomito autoindotto. Nei primissimi mesi in cui la malattia si era manifestata in modo lieve e velato nessun allarme era scattato in me, come nella famiglia e nelle amiche.

Ma questo stato di incoscienza durò ben poco, e aggiungerei per fortuna: iniziarono le prime consultazioni dai medici, dalle basilari analisi di routine all’incontro con psichiatri, vedendo la risoluzione in una pasticca che poteva darmi più tranquillità. Ma non era quello che bastava, c’era un mondo dietro da scoprire ed indagare.

I mesi passavano e il peso scendeva, arrivai a perdere circa 20 kg su un corpo di 57kg.

Fu in quel momento che scattò qualcosa in me, una piena consapevolezza che dovevo salvarmi la vita e forse quel modo e quei tentativi non erano adatti a me.

Decisi cosi di affidarmi ad una clinica di Firenze e lì riuscii a riprendere vari chili e soprattutto iniziare un percorso a 360° dal punto di vista nutrizionale e psicologico. Tornai a casa dopo tre mesi, mai abbandonando i dottori e facendo tesoro delle cose apprese in quel periodo, continuai così a salire pian piano di peso e a fare piccoli ma costanti passi avanti.

Arrivò poi quello che ad oggi definisco “imprevisto”: conoscere e frequentare una persona che in prima persona aveva problemi col cibo e seguiva una dieta restrittiva accompagnata da sport estremo. Ciò mi travolse, tornai ad avere più frequentemente episodi bulimici e peggiorai. A questo punto presi un’ulteriore scelta, si può dire contro tutti, decidendo se pur non ai livelli di anni prima, di iniziare un altro percorso in un’altra struttura. Ancora una partenza, ancora valigie, ancora lontano da famiglia, amiche e dal mondo intero di una ragazza di 25 anni.

Ma lì, proprio lì, sentivo che avrei completato quel cerchio non chiuso e lì trovai una splendida “famiglia”, che tutt’oggi ricordo con le lacrime per quello che hanno fatto per me e per come lo hanno fatto. Cinque mesi di crescita e costruzione di una me che era sparita da anni.

La consapevolezza mi ha sempre aiutata, stimolata e non mi ha fatto arrendere anche davanti a lunghi momenti veramente tosti.

La consapevolezza è ciò che smuove e fa lottare.

MAI vergognarsi di ammettere di essere in difficoltà, mai vergognarsi di parlare.

Chiedere aiuto è segno di intelligenza.”

G.

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