Caro corpo, avrò cura di te!

Caro corpo,

anche oggi inizio così ed anche oggi spero di poter finire questa lettera senza cancellarla tutta, senza correggere le frasi sotto la mia lente d’ingrandimento maniacale, ma lasciandole uscire di getto.

Questa lettera non deve essere bella, non deve essere commovente. Deve essere per te corpo, deve essere vera.

Oggi sono andata dal dentista, e so quanto sia strano scrivertelo dal momento in cui tu sei me, e su quella poltroncina reclinabile a conti fatti c’eravamo tutte e due (la me di carne e la me di mente) ma mi ha fatto pensare a quanti passi avanti abbiamo fatto dal passato.

Otto anni fa la bocca era un macello. Prima di chiedere aiuto abbiamo sopportato nevralgie, fistole e dolori solo perché erano cose che non si vedevano e che potevamo sentire solo noi.

Nessuno vede il nostro dolore, se lo teniamo chiuso come in una pentola a pressione. Quel coperchio, però, era destinato a saltare: prima si ruppe un dente, poco dopo un altro, ed allora capii che il danno sarebbe stato palese a tutti.

Eri rotto in superficie, caro corpo, e tutti potevano vedere.

Quella volta mi sono sentita spalle al muro, perché tutti avrebbero visto com’eri conciato, tutto debole e vulnerabile, brutto e sciupato. Come me dentro.

E quella era solo l’ennesima volta in cui mi sono sentita così, senza un futuro, ed ho pensato che l’unica soluzione sarebbe stata spegnerci.

Eppure, oggi ho ripensato al cambiamento che c’è stato. Ho pensato che ci saranno sempre dei momenti in cui sentirò le spalle premere contro le pareti e so già che penserò sempre un po’ alla morte, ma ora ho anche fiducia nelle soluzioni a cui finora mi hai portato, so che bisogna sempre andare in avanti e non indietreggiare.

E sono felice di non essermi arresa, perché ce l’abbiamo fatta, più di una volta!

Quella bocca trascurata, ora è in perfetta salute, ed è stato perché a cedere sei stato tu. Quell’esame fallito, ora superato ed archiviato, è stato possibile perché a cedere sei stato tu. Ogni volta sei stato tu, corpo mio, a ricordarmi che essere deboli e vulnerabili è okay.

Ti chiedo scusa per molte cose: per non averti rispettato quanto avrei dovuto; per averti odiato, picchiato e pure graffiato; per essermi vergognata e per vergognarmi tuttora di te; per trovarti orrendo.

Ti prometto che quando riuscirò a volerti abbastanza bene andremo al mare. Sai, su due piedi mi verrebbe da dire “quando sarò magra”, ma al tempo stesso mi trilla il campanellino della consapevolezza: non devo essere magra per volermi bene. Facile a dirsi, ma difficile a farsi. Lo so che a noi il mare piace, e non ci proibiremo più una cosa così bella. Ci torneremo e sorrideremo col salmastro sulle labbra.

Ti prometto inoltre che cercherò di ascoltarti un po’ di più e che avrò cura di te perché sei prezioso, e che cercherò di guardarti riflesso in quello specchio che detesto con tutta me stessa.

Ti voglio anche ringraziare, perché, piccoli inconvenienti a parte, sei un corpo in buona salute, mi permetti di essere autosufficiente e di potermi godere molto. Sono una persona fortunata, ho potuto fare cose bellissime e sono certa che ne faremo ancora. Ti ringrazio per essere l’esterno di me.

Non sono brava con le conclusioni, caro corpo, quindi lascerò questa lettera sospesa. Finché io e te andremo a braccetto sarà un costruendo per la vita.

Magari diventerà una lettera d’amore, chi lo sa. Non io, non tu.

Ma lo sapremo

Ad ora,

la te di mente.